Il Peccato Che Fa Piangere Dio

Senza menare il can per l'aia e senza girarci intorno, lasciate che arrivi subito al dunque. Il peccato che fa piangere Dio viene commesso ogni giorno — non da pagani operatori di iniquità, ma da moltitudini di Cristiani! È il peccato del dubitare dell'amore di Dio per i Suoi figlioli.

Pensate che affermare che Dio pianga Lo faccia sembrare umano e vulnerabile? Allora chiedetevi, come può il Dio d'amore non piangere quando il Suo popolo dubita della Sua stessa natura? Come non potrebbe essere addolorato quando i Suoi propri figlioli si comportano come se Egli li avesse abbandonati a se stessi? Gesù Cristo era Dio in carne e, secondo l'evangelo di Giovanni, pianse quando coloro che gli erano più vicini dubitarono del suo amore e del suo interesse. Quello era Dio fatto uomo davanti alla tomba di Lazzaro, che piangeva per gli amici che non credevano alla Sua parola.

Piangeva perché la loro incredulità causava dolore e sofferenza inutile. Piangeva perché non riconoscevano chi Egli era e non riposavano sulle Sue promesse.

Molto tempo dopo i più cari amici di Cristo su questa terra, dubitarono del Suo amore per loro. Ricordiamoci la storia dei discepoli nella barca scossa dalla tempesta, che apparentemente stava per affondare. Gesù era a poppa della barca, e dormiva. Avendo paura per le proprie vite, i Suoi discepoli lo scossero per svegliarlo, quindi lo accusarono di completa indifferenza: "Maestro, non t'importa che noi moriamo?" (Marco 4:38). Quanto le loro accuse hanno addolorato il Signore! C'era l'onnipotente Dio nella loro barca! Come poteva Dio non aver cura di loro? Ma ogni volta che l'uomo distoglie i suoi occhi dal Signore, concentrandosi invece sulle circostanze esterne, i dubbi prendono il sopravvento. Gesù ne fu sbalordito! Egli disse loro: "Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?" (verso 40).

E non è tutto. Abbiamo esperienze personali incalcolabili che testimoniano del tenero amore di Dio e del Suo affetto per noi. C'è forse un solo cristiano che può azzardarsi a dire che non ha nessuna personale testimonianza dei numerosi ed amorevoli interventi del Signore nei dettagli della propria vita? Ma continuiamo a dubitare del Suo amore. Quando le difficoltà si ergono davanti a noi ed il Signore sembra tardare a venirci in aiuto secondo la nostra tempistica, ci imbronciamo. Non ce ne importiamo di vivere la nostra vita piena di dubbi sulla Sua amorevole benevolenza. Dubitiamo che Egli oda il nostro pianto. Dubitiamo che Egli faccia ciò che giusto. Noi dubitiamo in ogni occasione — ma non ci accorgiamo neanche una volta dell'estremo peccato della nostra incredulità. Ci rifiutiamo di ammettere che il nostro cuore accusatore faccia piangere Dio.

La storia di Giuseppe e dei suoi fratelli illustra chiaramente il dolore provocato da un amore non corrisposto. Questa storia del Vecchio Testamento contiene un potente messaggio per i cristiani del Nuovo Testamento. Giuseppe è la figura di Cristo. I suoi fratelli sono la figura del popolo prescelto da Dio sulla terra. (Ricordate che Dio promise a Giacobbe, "…dei re usciranno dai tuoi lombi" — Genesi 35:11). Il metodo di Giuseppe per trattare con i suoi fratelli è una chiara figura del modo di trattarci da parte di Dio oggigiorno. Questa storia dell'amore di un uomo che perdona tutto ai suoi fratelli è la meravigliosa illustrazione dell'amore e della grazia di Dio per l'uomo peccatore.

Leggere la storia di Giuseppe e dei suoi fratelli, è richiamare alla mente una delle più tristi tragedie in tutta la Parola di Dio. Vediamo una generazione di valenti uomini i quali non riuscivano a credere che fossero amati. La devastante fiumana di peccato e dolore causata dal loro scetticismo deve servirci come solenne avvertimento.

Giacobbe provava un amore speciale verso Giuseppe, il figlio della sua vecchiaia, e gli diede una particolare provvigione. I suoi figli più anziani interpretarono questa speciale attenzione verso Giuseppe, come se loro padre lo amasse più di tutti loro: "I suoi fratelli vedevano che il loro padre l'amava più di tutti gli altri fratelli; perciò l'odiavano e non potevano parlargli amichevolmente" (Genesi 37:4).

Ma il fatto che Giacobbe amasse Giuseppe così caramente, non significava che amasse di meno i suoi altri figli. Tutti quanti ricevettero la stessa amorevole guida e disciplina. Tuttavia questo non impedì loro di diventare gelosi di quello che sembrava la posizione predominante del loro fratello. Essi credevano che ci fosse un'ingiustizia nell'amore del loro padre. Sembrava che Giuseppe ottenesse qualunque cosa il suo cuore desiderasse, incluso un magnifico abito dai molti colori. Sembrava che avesse la vita più facile rispetto a loro. Era più benedetto, più favorito, più coccolato — equesto li faceva arrabbiare ed ingelosire.

Vi siete mai resi colpevoli di avere invidia di un fratello nel Signore, il quale sembra ottenere qualunque cosa desideri? Le sue preghiere sembra che ricevano risposta velocemente. Non appare mai solo, non amato o non necessario. Lo vedete stretto tra le braccia amorevoli di Dio, quando invece voi vi sentite abbandonati e soli. Le radici dell'amarezza e della gelosia cominciano così a crescere.

Miei cari, questo è un terreno pericoloso. Nel momento in cui crediamo che il nostro Padre celeste ci ama meno di quanto Egli ami qualcun altro, noi ci apriamo a qualunque tipo di male. Ogni volta che ci lamentiamo delle nostre circostanze — sia ad alta voce con qualcuno, che silenziosamente nei nostri cuori — noi stiamo accusando Dio di negligenza. Diciamo: "Io cerco con tutto me stesso di fare ciò che è giusto, ma i desideri del mio cuore non hanno mai appagamento. Altri cristiani hanno una vita così facile! Guardateli: ogni cosa sembra andare così tanto bene per loro. Non sono certo meglio di me. Perché invece sono così benedetti, mentre io sono così provato?"

Questo è l'atteggiamento che portò così tanto travaglio nei fratelli di Giuseppe! Dubitando dell'amore del loro padre, aprirono le porte alla malvagità. Amarezza e ribellione penetrarono dentro di essi. I loro cuori divennero saturi di odio e gelosia. Il desiderio di vendetta alimentò un fuoco nelle loro anime.

Tenete a mente che sebbene avessero peccato impetuosamente nel passato, i fratelli di Giuseppe non erano precisamente degli uomini malvagi. Essi erano " i re usciti fuori dai lombi di Giacobbe!" — padri di nazioni. Durante la loro permanenza in Haran, essi furono attirati nelle vie di questo mondo. Giacobbe andò da loro e li avvisò: "Togliete gli dèi stranieri che sono in mezzo a voi, purificatevi e cambiatevi i vestiti" (Genesi 35:2). Obbedientemente essi consegnarono i loro idoli e stettero a guardare Giacobbe mentre li sotterrava sotto una quercia in Sichem. Quindi seguirono il loro padre in Betel e furono testimoni di come Dio atterrì le malvagie città che li circondavano, in modo tale che nessun nemico si azzardava a perseguitarli. In Betel essi adorarono sull'altare che Giacobbe ebbe a costruire.

Ma nel profondo del loro cuore stavano pensando: "Noi non siamo amati nello stesso modo che lo sono gli altri. Nostro padre fa delle particolarità nel mostrare affetto. Noi siamo trascurati e tenuti in poco conto." Questo tipo di sentimento cresceva in modo incontrollato. E finalmente qualcosa accadde in loro. Cambiarono. Il loro linguaggio ed i loro moventi divennero perversi. Una bruttezza interna crebbe il loro. Decisero di farsi giustizia da soli. In questo frangente si disinteressarono completamente del dolore che le loro azioni avrebbero provocato nel loro padre. Al contrario, furono totalmente consumati dal desiderio di vendetta, per quanto era stato loro negato.

Che piccolo, facile passo è andare dal dubitare dell'amore del padre fino a farsi giustizia da soli — ma quanto è tragico! Forzando le cose secondo la tua volontà — esponi il tuo stesso cuore ad una valanga di malvagità.

La prima cosa che provocò il cambiamento nei fratelli di Giuseppe fu il loro modo di parlare. Ascoltateli — èincredibile! "Forza, uccidiamolo…No, gettiamolo in una cisterna…Meglio ancora, vendiamolo agli Ismaeliti e prendiamoci qualche soldo per i nostri bisogni! Ascoltateli mentre mercanteggiano il prezzo del loro fratello, come commercianti di schiavi. "Dieci pezzi d'argento non sono sufficienti, ma neanche quindici. Ne vogliamo venti!" I loro cuori si riempivano di disprezzo e tradimento. E fuori da questi cuori corrotti usciva una fiumana di parole malvagie. Adesso essi parlavano non solo il linguaggio del dubbio, ma anche quello di questo mondo.

Mostratemi un cristiano che comincia a dubitare dell'amore di Dio e che decide di fare da solo, ed io vi mostrerò un cristiano la cui conversazione è diventata corrotta. Quasi nel giro di una notte si può notare un cambiamento. Più dubita, più il suo modo di parlare diventa empio. È assolutamente scioccante ascoltare come alcuni cristiani parlano. Un tempo parlavano con pia soggezione e riverenza. Un tempo proferivano parole di fede e di gioia. Una volta parlavano dolcemente, con parole edificanti. Ora parlano crudamente, senza alcun rispetto. Le parole rivelano ciò che hanno dentro i loro cuori — paura, incredulità e disperazione.

Il modo di parlare empio è un segno certo di un cuore indurito. I fratelli di Giuseppe erano diventati insensibili al peccato! Conversazioni corrotte conducono a comportamento criminali. All'inizio parlavano come gli empi; quindi essi cominciarono a comportarsi come loro. In breve divennero dei criminali freddi e calcolatori. Hanno perduto qualunque senso di colpa verso il peccato. Non solo avevano peccato — non solo hanno cercato di coprirlo — ma tornarono alle loro occupazioni come nulla fosse successo! Dopo aver venduto il loro fratello come schiavo, dopo aver platealmente mentito al loro padre, con calma tornarono a condurre il gregge.

Per venti lunghi anni essi bandirono dalle loro menti il male commesso, continuando come al solito con la loro vita. Per venti lunghi anni portarono il loro oscuro peccato nelle loro anime. Per venti lunghi anni vissero una bugia. Per venti anni andarono in giro in una sorta di stordimento, ancora dubitando se fossero amati, pensando ancora di avere il diritto di fare di testa loro. Per venti anni sederono alla tavola del loro padre guardando la sua afflizione, ma neanche una volta provarono il bisogno di confessarsi e di riparare ai loro torti. Le loro coscienze si erano indurite.

Quanto possiamo cadere in basso dubitando dell'amore del nostro Padre. Quanto possiamo diventare corrotti ed insensibili al peccato. Il libro di Malachia comincia con: "Oracolo, parola del SIGNORE, rivolta a Israele per mezzo di Malachia. "Io vi ho amati", dice il SIGNORE; "e voi dite: "In che modo ci hai amati?" (Malachia 1:1, 2). Incredibile! Si sono azzardati a dire a Dio: "Noi non vediamo nessuna prova nella nostra vita che Tu hai cura di noi!"

Di nuovo vi dico che come i fratelli di Giuseppe, i loro dubbi li hanno condotti verso ogni tipo di male e ricaduta nel vizio. Dio disse loro: "Tu detesti il mio nome." In altre parole: "Sei cambiato. Mi disprezzi interiormente. Pensi di non essere amato, quindi segretamente Mi odi!"

Peggio di tutto — erano ciechi verso le loro offese! Dio dice loro: "Ma voi dite: "In che modo abbiamo disprezzato il tuo nome? Voi offrite sul mio altare cibo contaminato, ma dite: "In che modo ti abbiamo contaminato?" (Malachia 1:6,7). Questi poveri peccatori non riescono a comprendere quanto sono andati lontano dalla loro primiera devozione a Dio. Essi continuano a dare offerte di parole ma sono soltanto dei gusci vuoti. Dubitando dell'amore di Dio verso di loro, hanno perso l'amore per Lui, volgendosi verso il materialismo ed i piaceri di questo mondo. Diventano stufi delle vie strette di Dio, annoiati dall'adorazione, stanchi del servizio, disillusi verso Dio stesso!

Se solo potessimo comprendere l'angoscia che causiamo a Dio quando mettiamo in discussione il Suo amore! Probabilmente non avreste il coraggio di esprimere ad alta voce tali dubbi, ma forse avrete pensato: "Dove sono le prove che il Signore mi ama? Dove sono le risposte alle mie preghiere? Non cambia nulla. Se Tu Signore mi ami veramente, allora provamelo!"

Svegliatevi! Gettate via da voi questi pensieri malvagi. Se continuate a dubitare del grande amore di Dio, finirete nello stesso modo dei fratelli di Giuseppe e degli Israeliti — disillusi delle cose di Dio, stanchi di servirLo, stufi di attendere le Sue risposte alle vostre preghiere. Prenderete la vostra vita nelle vostre mani e finirete in un disastro.

Dio usa un momento di crisi per rivelare ai fratelli di Giuseppe quanto essi erano veramente amati. Fu una crisi di carestia: "La carestia era su tutta la superficie del paese e Giuseppe aprì tutti i depositi e vendette grano agli Egiziani. La carestia s'aggravò nel paese d'Egitto…Giacobbe seppe che c'era grano in Egitto; allora disse ai suoi figli: "Perché state a guardarvi l'un l'altro?" Poi disse: "Ecco, ho sentito dire che c'è grano in Egitto; scendete là a comprarne, così vivremo e non moriremo" (Genesi 41:56; 42:1–3).

Erano passati venti anni dal loro crimine. Giuseppe era diventato Primo Ministro dell'Egitto. Per sette anni egli aveva immagazzinato grano, preparandosi alla carestia. I figli di Giacobbe credevano di andare in Egitto solo per comprare del frumento. Ma Dio aveva delle idee migliori e più grandi: Egli li stava mandando in quel luogo per dargli una rivelazione d'amore! Essi stavano andando ad imparare che la grazia di Dio è sopra ogni cosa. Stavano andando ad imparare una lezione di misericordia, perdono e restaurazione. Anche se meritavano soltanto giudizio, stavano per ricevere pura grazia.

Sapendo che Giuseppe è figura di Cristo, non riesco a leggere questa parte delle Scrittura senza versare delle lacrime. È proprio un bellissimo quadro della grazia e dell'amore del nostro Signore Gesù Cristo verso tutti coloro che hanno peccato contro di Lui.

Venti anni di peccati e sotterfugi avevano tenuto i fratelli di Giuseppe lontano da lui. Probabilmente avevano dato per scontato che fosse già morto. Quando arrivarono alla corte di Faraone ed arrivarono davanti a Giuseppe, non lo riconobbero, ma lui invece li riconobbe subito (Genesi 42:8). Quando furono alla sua presenza, tutti inchinati umilmente proprio come lui aveva sognato. Credete che Giuseppe fosse in collera con loro? Voleva rompere i contatti con loro? Voleva fargli pagare i loro peccati? Assolutamente no! La Bibbia dice che le sue viscere si commossero dentro di lui. Il suo cuore fu ripieno di compassione alla vista dei fratelli che amava così caramente.

Perché allora gli parlò con asprezza (Genesi 42:7)? Perché li accusò di essere delle spie? Una volta pensavo che Giuseppe si stesse prendendo una piccola vendetta. Ma non era affatto questo il motivo. Egli stava semplicemente seguendo le direttive di Dio. Questi uomini orgogliosi non erano ancora pronti per una rivelazione di grazia e misericordia. Prima dovevano vedere l'estrema bruttezza dei loro peccati. Dovevano affrontare la loro colpa e la loro vergogna. Avevano bisogno di arrivare al loro limite, in modo che non ci fosse nulla che potesse aiutarli a parte la grazia.

È impossibile da comprendere la grazia di Dio fino a quando non siamo arrivati ad esaurire le nostre risorse. Dio mostrò questa verità a Giuseppe, e lui mise i suoi fratelli in prigione per tre giorni — non per punirli — ma per dargli una opportunità di fronteggiare la verità sui loro peccati. Era la legge che era all'opera, mostrandogli la loro natura malvagia. E questo ebbe effetto. "Allora si dicevano l'uno all'altro: "Sì, noi fummo colpevoli verso nostro fratello, giacché vedemmo la sua angoscia quando egli ci supplicava, ma non gli demmo ascolto! Ecco perché ci viene addosso quest'angoscia". Ruben rispose loro: "Non ve lo dicevo io: "Non commettete questo peccato contro il ragazzo?" Ma voi non voleste darmi ascolto. Perciò, ecco, il suo sangue ci è ridomandato". Ora essi non sapevano che Giuseppe li capiva, perché tra lui e loro c'era un interprete" (Genesi 42:21).

Giuseppe non poteva stare li davanti ai suoi fratelli vedendoli così afflitti. "Ed egli si allontanò da loro, e pianse." (Genesi 42:24). Perché si mise a piangere? Non semplicemente a causa della lunga separazione, neanche a causa della situazione che si era creata — ma perché i suoi fratelli erano tuttora consunti da una profonda amarezza. Portavano ancora rancore verso Dio, e finché non fossero tornati in buoni rapporti non sarebbero stati nella posizione di comprendere o accettare amore e perdono.

Giuseppe comprese lo stato dei loro cuori e creò una crisi per far affiorare la loro amarezza e disillusione in superficie. Chiese ai suoi servitori di riempire i sacchi dei suoi fratelli con il grano che erano venuti a comprare, e di nascondere segretamente il loro denaro negli stessi sacchi. Quindi, senza rivelare la sua vera identità, Giuseppe rilasciò i suoi fratelli e li fece tornare a casa. Durante il viaggio, uno dei fratelli aprì il suo sacco e scoperse il denaro. "Egli disse ai suoi fratelli: "Il mio denaro mi è stato restituito, eccolo qui nel mio sacco". Allora si sentirono mancare il cuore e, tremando, dicevano l'uno all'altro: "Che cos'è mai questo che Dio ci ha fatto?" (Genesi 42:28).

Tornarono a casa con una doppia afflizione. Ogni cosa era venuta a galla. "Dopo tutti questi anni," pensarono "Dio sta facendoci pagare i nostri peccati". Non solo credevano di non essere amati, ma erano anche convinti che Dio stesse cercando vendetta. Entro breve tempo il grano sarebbe finito e sarebbero dovuti tornare in Egitto ancora una volta. Tremanti tornarono indietro per cercare di spiegare la loro innocenza. Ma sapevano di essere senza speranza. Si aspettavano di essere sottoposti al giudizio ed alla collera del sovrintendente del Faraone.

Perché questi uomini si aspettavano qualcosa di terribile da parte di Giuseppe? Perché non sapevano nulla su chi egli era e cosa ci fosse nel suo cuore. Quando noi ci aspettiamo qualcosa di terribile da Dio, non è forse perché non Lo conosciamo veramente? Forse perché non abbiamo alcuna rivelazione del suo grande amore? La nostra paura è causata dall'ignoranza della dolce grazia e misericordia del nostro Signore.

I fratelli furono totalmente presi alla sprovvista da quanto era accaduto quando si avvicinarono a Giuseppe. Invece che accusarli o giudicarli, li invitò: "Venite e pranziamo insieme". "Come Giuseppe vide Beniamino con loro, disse al suo maggiordomo: "Conduci questi uomini in casa, macella e prepara tutto, perché questi uomini mangeranno con me a mezzogiorno". L'uomo fece come Giuseppe aveva ordinato e li condusse in casa di Giuseppe. E quelli ebbero paura, perché venivano condotti in casa di Giuseppe, e dissero: "Siamo portati qui a motivo di quel denaro che ci fu rimesso nei sacchi la prima volta; egli vuole darci addosso, piombare su di noi e prenderci come schiavi, con i nostri asini" (Genesi 43:16,18).

La loro cecità non vi fa venire voglia di gridare: "Stolti, sciocchi uomini. Perché avete così paura? Perché vi aspettate giudizio, quando invece tutto ciò che Giuseppe vuol fare è ricoprirvi di amore e riallacciare il vostro rapporto con lui? Sarei curioso di sapere se gli angeli e tutte le potenze dei cieli vorrebbero urlarci la stessa cosa: "Stolti Cristiani! Come potete essere così ciechi? Perché siete sempre così preoccupati del giudizio? Non riuscite a vedere quanto il Signore vi ama? Non sentite il Suo invito di venire e mangiare con lui? Non riuscite a comprendere che in Lui non c'è alcuna collera verso coloro che sono i Suoi figlioli? Non c'è assolutamente da aver paura. Quello che Egli vuole per voi è che crediate in Lui e riposiate nel Suo amore!"

Volete vedere una immagine del cuore del nostro Salvatore — persino verso gli eletti caduti nel peccato? Guardiamo: "E Giuseppe s'affrettò a uscire, perché si era commosso nell'intimo per suo fratello; cercava un luogo dove piangere; entrò nella sua camera e pianse" (Genesi 43:30). Letteralmente dall'ebraico: "Il suo cuore li desiderava con ardore."

I fratelli erano ora nella casa di Giuseppe, mangiando e bevendo in sua presenza. Ma: "Fu dunque portato il cibo per lui a parte, per loro a parte" (Genesi 43:32). Non passiamo sopra con leggerezza sul significato di questa frase. Questi uomini stavano gioendo alla presenza di Giuseppe, senza però essere stati pienamente ristorati, senza realmente conoscere chi lui fosse, senza avere una rivelazione di amore e di grazia. Le nostre chiese odierne sono piene di persone adoranti, le quali mangiano e bevono nella presenza del Signore — ma ad una certa distanza. Loro non hanno ricevuto una rivelazione dell'infinito amore di Dio. Il risentimento — il senso di non essere amati — continua ad alimentare collera nei loro cuori. Questo è il caso di tutti quei cristiani che vanno nella casa di Dio, cantano, adorano e lodano, quindi tornano a casa sempre con la stessa bugia: "Dio non mi mostra alcun segno che mi ama veramente. Le mie preghiere continuano a non avere risposta. Egli non si prende cura di me nello stesso modo che fa con gli altri Cristiani."

Per i fratelli di Giuseppe, ci fu un ultimo passo da compiere prima che avessero un piena rivelazione d'amore. Una tale rivelazione viene data solo a coloro che hanno il cuore rotto e contrito. "Sacrificio gradito a Dio è uno spirito afflitto; tu, Dio, non disprezzi un cuore abbattuto e umiliato." (Salmo 51:17). I fratelli non avevano ancora un cuore abbattuto. Mentre banchettavano al tavolo di Giuseppe, leggiamo che: "Bevvero e stettero allegri con lui." (Genesi 43:34).

Questi uomini avevano riconosciuto i loro peccati, ma non erano ancora rotti nello spirito e neanche contriti verso i loro peccati. Fino a che non fossero stati completamente abbattuti, totalmente alla fine della loro amarezza e delle loro risorse umane, Giuseppe non poteva rivelare loro il proprio amore. Così Giuseppe gli diede una prova finale. Comandò al suo maggiordomo di infilare la sua personale coppa d'argento nel sacco di Beniamino, prima che essi fossero di ritorno in Canaan. I fratelli erano già molto distanti dalla città quando gli uomini di Giuseppe li raggiunsero e li accusarono di aver rubato la coppa. Essi erano così certi della loro innocenza che dissero: "Quello dei tuoi servi presso il quale si troverà la coppa sia messo a morte e noi pure saremo schiavi del tuo signore!" (Genesi 44:9).

Potete immaginare il momento quando la sacca di Beniamino fu aperta e dentro fu trovata la coppa mancante? "Allora quelli si stracciarono le vesti, ognuno ricaricò il suo asino e tornarono alla città." (Genesi 44:13). Andarono alla casa di Giuseppe e "si buttarono a terra davanti a lui". Ad una prima lettura sembra che Giuseppe stesse facendo un gioco crudele con i suoi fratelli. Ma questa era la cosa più lontana dalla sua mente. La motivazione dietro questa sua strana azione non era altro che amore. Egli aveva creato una crisi in modo da abbattere i loro spiriti, umiliarli e svuotarli della loro amarezza ed il loro odio, per essere così pronti per la rivelazione di chi egli fosse in realtà.

Sentite il cambiamento nel loro atteggiamento: "Che diremo al mio signore? Quali parole useremo? O come ci giustificheremo? Dio ha trovato l'iniquità dei tuoi servi. Ecco, siamo schiavi del mio signore: tanto noi, quanto colui in mano del quale è stata trovata la coppa" (Genesi 44:16). Non c'era più lotta in loro. Niente più orgoglio. Erano smascherati, umiliati, abbattuti — pronti per fare qualunque cosa dovesse essere fatto. In altre parole, finalmente gridarono dal profondo del loro cuore: "Basta! Ci arrendiamo!"

Ed ora arriva la rivelazione di quello che significa essere una FAMIGLIA! "Allora Giuseppe non poté più contenersi davanti a tutto il suo seguito e gridò: "Fate uscire tutti dalla mia presenza!" Nessuno rimase con Giuseppe quando egli si fece riconoscere dai suoi fratelli." (Genesi 45:1).

Il mondo non conosce assolutamente nulla di questa rivelazione d'amore. È riservato solo ai familiari più stretti. "Fuori, voi tutti Egiziani. Fuori voi tutti mondani. Questo è solo per la famiglia!". Le scritture ci dicono che Giuseppe: "Alzò la voce piangendo; gli Egiziani lo udirono e l'udì la casa del faraone." (Genesi 45:2). Il mondo può udire qualcosa dell'amore di Dio, ma solo la famiglia può provarne l'esperienza. Solo la famiglia di Dio può essere a contatto di tale amore e misericordia.

Quale fu la risposta della famiglia di Giuseppe quando lo videro piangere apertamente? "Ma i suoi fratelli non gli potevano rispondere, perché erano atterriti dalla sua presenza." (Genesi 45:3). Guardate un po' questi uomini addolorati e tremanti che non riuscivano a guardare in faccia il proprio benefattore — eprobabilmente vedrete il riflesso di voi stessi che state addolorati nella santa presenza del Signore a causa di un peccato commesso.

Sento le amorevoli parole di Gesù in quello che Giuseppe disse ai suoi sconvolti fratelli: "Vi prego, avvicinatevi a me…Ed io vi sostenterò…Affinché tu non sia ridotto in miseria " (Genesi 45:4–11). Quindi "(Giuseppe) Baciò pure tutti i suoi fratelli, piangendo." (verso 15).

Che scena gloriosa! La amo perché io ero proprio là. Mi trovavo dove erano questi uomini quando il mio "Giuseppe" rivelò il Suo amore verso di me. Anche io conosco cosa vuol dire peccare contro il mio Signore. Conosco cosa significhi sentirsi abbandonati e non amati. Sono stato perplesso sulla via che Dio ha usato per rivelarlo. Avevo peccato dubitando del Suo amore. Era il tempo che avevo messo nelle mie mani i miei problemi, perché credevo che Dio rispondesse troppo lentamente e con noncuranza. Avevo nascosto questa cosa nel mio cuore e l'avevo coperta con il peccato. Ho capito cosa significhi pensare che Dio fosse arrabbiato con me e proprio quando le cose andavano male, io stavo pagando per i peccati. Stavo guardando verso il futuro ed avevo paura della collera e del giudizio perché mi sentivo peccatore ed indegno.

Ma ringrazio Dio per il giorno quando lo Spirito Santo venne in me e mi mostrò l'amorevole animo di Dio! Invece del giudizio che mi era riservato, l'ho udito pronunciare, come disse a Pietro che l'aveva tradito: "Vieni e mangia!". Egli mi aveva invitato a venire e provare le Sue braccia strette intorno a me, le Sue lacrime sul mio collo ed i Suoi teneri baci sulle mie guance. L'ho sentito dire: "Sono Gesù, tuo fratello. Dio ha mandato Me prima di te, per preservarti e salvare la tua vita con una grande liberazione. Dio mi ha fatto Signore di ogni cosa. Vieni a Me non indugiare!". Ora io conosco che mi ama, con tutti i peccati! Ora io so che prenderà cura del mio futuro.

Egli ha perdonato tutti i miei peccati. Non ha messo nessuna colpa su di me. Non ha mai detto una parola severa. Mi desiderava con tutto il suo animo fin dal momento che mi sono allontanato da lui. Egli ha pianto a causa della mia cecità e del mio inutile dolore e della mia disperazione. Amati, ne i nostri peccati ne i nostri dubbi possono ostacolare l'amore di Dio verso noi. Gloria a Lui per la rivelazione dell'amore di Cristo.

Sfortunatamente, la storia dei fratelli di Giuseppe ha un triste epilogo.

Dopo tutto ciò che era accaduto, i fratelli di Giuseppe continuarono a dubitare del suo amore. Questo ferì il cuore di Giuseppe. Per diciassette anni vissero con lui in Egitto, provvedendo a tutte le loro necessità. Infine il loro padre Giacobbe morì. Non erano ancora tornati a casa dal funerale, che i loro vecchi dubbi tornarono a galla. "I fratelli di Giuseppe, quando videro che il loro padre era morto, dissero: "Chi sa se Giuseppe non ci porterà odio e non ci renderà tutto il male che gli abbiamo fatto?" (Genesi 50:15). Come potevano parlare in questo modo, dopo tutto quello che Giuseppe aveva fatto per loro? Non avevano imparato nulla del suo amore?

Pieni di paura mandarono un messaggio a Giuseppe, dicendo: "Perdona ora ai tuoi fratelli il loro misfatto e il loro peccato; perché ti hanno fatto del male…Giuseppe, quando gli parlarono così, pianse. (Genesi 50:17). Potete immaginare come si sia sentito abbattuto Giuseppe sentendo che a dispetto di tutti i suoi forzi verso i suoi fratelli, essi dubitassero ancora del suo amore? Mi sembra di sentirlo dire: "Come può essere che ancora non mi credano veramente? Hanno portato un pesante carico di colpa e dolore tutto questo tempo? Come possono vedermi sotto questo terribile aspetto? Come possono pensare che io voglia loro far del male? Che cosa posso ancora fare per fargli comprendere quanto io li ami?"

Questo è lo stesso peccato che fa piangere Dio. A dispetto di tutto quanto è stato fatto per noi, ci rifiutiamo di credere che egli ci ama realmente. Cristo morì per pagare i nostri peccati. Egli ci ha liberamente perdonato, ma noi continuiamo ad implorare il perdono. Egli ci offre misericordia, amore, grazia, abbondanza di beni, sicurezza e noi continuiamo ad abbandonarci ai dubbi. E continuiamo a rivangare i nostri passati peccati. Crediamo che Dio voglia ripagarci con la stessa moneta — anzi che addirittura ci odi. Che tragedia!

È qualcosa di solenne sentire dire a Gesù: "Ma quando il Figlio dell'uomo verrà, troverà la fede sulla terra?" (Luca 18:8). Credere nel Signor Gesù Cristo significa credere che Lui ci ama — credere che Egli prende cura di noi — credere che Egli è toccato alla vista delle nostre infermità. È conoscere che Egli vive per intercedere per noi, che Egli non ci lascia e non ci abbandona, che Egli non è venuto per condannarci ma per portarci salvezza. Non permettete che sia detto di voi: "è un cristiano che non ha accettato o capito l'amore di Cristo".

Cosa sarebbe potuto essere per i fratelli di Giuseppe più tragico di questo: dopo una rivelazione del perfetto amore e perdono di Giuseppe, dopo essere stati totalmente riconciliati — ancora pensavano di essere i nemici del loro fratello. Nella mente di Giuseppe loro erano senza colpa; nelle proprie menti erano invece ancora nemici! Difficilmente riusciremmo ad immaginare qualcuno più ottuso di così!

Cari cuori, ascoltate l'amorevole parola di Dio:

"E voi, che un tempo eravate estranei e nemici a causa dei vostri pensieri e delle vostre opere malvagie, ora Dio vi ha riconciliati nel corpo della carne di lui, per mezzo della sua morte, per farvi comparire davanti a sé santi, senza difetto e irreprensibili" (Colossesi 1:21, 22). "In lui abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati" (Colossesi 1:14).

Questo è il cuore di Dio verso di voi. Un cuore pieno di misericordia, perdono ed amore. Se non volete crederci ed esserne sicuri, state proprio peccando del peccato che fa piangere Dio.