Una crisi di fede

David Wilkerson (1931-2011)

Gesù aveva previsto una crisi di fede quando chiese: “Ma quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede sulla terra?” (Luca 18:8). Il nostro Signore sapeva che molti avrebbero perso la fede negli ultimi giorni. Anche Paolo parlò di questo argomento quando scrisse: “Ma lo Spirito dice esplicitamente che nei tempi futuri alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demoni” (1 Timoteo 4:1). Infatti Paolo avvertiva Timoteo di mantenere la sua fede, perché molti credenti “hanno fatto naufragio quanto alla fede” (1:19).

Anche Pietro avvisa che potrebbe verificarsi una crisi di fede negli ultimi giorni. Ci assicura, tuttavia, che coloro che si aggrappano alla fede sono “dalla potenza di Dio … custoditi mediante la fede, per la salvezza che sta per essere rivelata negli ultimi tempi” (1 Pietro 1:5). E aggiunge: “Perciò voi esultate anche se ora, per breve tempo, è necessario che siate afflitti da svariate prove, affinché la vostra fede, che viene messa alla prova… con il fuoco” (1:6-7).

Pietro si rivolgeva a persone che sarebbero passate attraverso più prove. Diceva loro, in sostanza: “Solo il Signore sa che cosa è richiesto per produrre in noi una fede più preziosa dell’oro. Proprio ora, sta usando le nostre prove per compiere quest’opera”.

Molti grandi servi di Dio, nel corso della storia, hanno superato la prova e sono diventati giganti della fede. Nei momenti più pericolosi e spaventosi questi santi hanno conservato la fede. Le loro vite sono una grande testimonianza della fedeltà di Dio ed Ebrei 11 elenca alcuni di questi credenti: Enoc, Noè, Abramo, Sara, Giacobbe e altri.

Ma vi sono tristi casi di credenti che hanno fallito nei momenti di crisi. Il piano di Dio per loro ero uguale a quello che Egli aveva ideato per chi sopportò le prove con fede. Questi credenti fallirono nella prova, disubbidendo a Dio e allontanandosi dalla fede.

Il re Salomone e l’apostolo Paolo sperimentarono entrambi crisi di fede, ma il primo fallì mentre il secondo superò la prova e incoraggiò generazioni di credenti.

Salomone fu benedetto in ogni cosa che una vita al servizio di Dio potesse offrire: un’eredità divina, una chiamata soprannaturale e un incontro personale con il Signore. Inoltre, Dio lo benedì dandogli una saggezza che superava qualsiasi altra al mondo. La sua unzione era chiara a tutti; egli godeva della stima e dell’ammirazione di tutto il mondo. Il tempio che fece costruire a Gerusalemme era conosciuto come la più grande struttura religiosa dei suoi giorni. E infine Salomone scrisse migliaia di proverbi e di canti. Aveva successo in tutto quello a cui si applicava.

A motivo di queste grandi benedizioni, “da tutti i popoli veniva gente per udire la saggezza di Salomone, da parte di tutti i re della terra che avevano sentito parlare della sua saggezza” (1 Re 4:34). Uno di questi visitatori, colpiti da timore reverenziale, fu la Regina di Saba. Rimase senza fiato di fronte alla devozione di Salomone alla casa di Dio e fu stupefatta dalla felicità dei sudditi del regno. Ai suoi occhi, il regno di Salomone era un paradiso, il cielo sulla terra.

Migliaia di persone servirono Salomone per realizzare i suoi brillanti piani. Egli si vantava del fatto che ogni suo desiderio, volere e piacere fosse esaudito. Allora perché questo uomo devoto finì per affermare che tutto è vano e futile? Perché disse che l’uomo non è migliore della bestia, visto che muore nello stesso modo in cui muore un cane? “Poi considerai tutte le opere che le mie mani avevano fatte, e la fatica che avevo sostenuto per farle, ed ecco che tutto era vanità, un correre dietro al vento, e che non se ne trae alcun profitto sotto il sole” (Ecclesiaste 2:11).

Alcuni studiosi moderni non credono che queste parole siano di Salomone. Dicono che un uomo ricco scrisse l’Ecclesiaste, usando il nome di Salomone per dare validità al suo lavoro. Altri dicono che gli autori furono due, uno con una visione negativa della vita e l’altro con una visione positiva. Io credo, come molti padri della chiesa, che Salomone fosse “l’Ecclesiaste, figlio di Davide, re di Gerusalemme” (1:1), il quale concluse “Vanità delle vanità, tutto è vanità” (1:2). Come fece ad arrivare a questa visione pessimistica?

Salomone era un servo di Dio che iniziò bene. Si sbarazzò del ministro del tempio Abiatar, il sacerdote infedele e lo sostituì con il giusto Sadoc. Salomone camminò nella via del Signore, rispettando le sue leggi e pregando umilmente: “io sono giovane, e non so come comportarmi” (1 Re 3:7). Quando finì la costruzione del tempio, pregò che fosse una casa di pentimento e di perdono, di preghiera e di supplica.

Dopo tutti questi comportamenti devoti, le cose cambiarono. “Al tempo della vecchiaia di Salomone, le sue mogli gli fecero volgere il cuore verso altri dei; e il suo cuore non appartenne interamente al Signore suo Dio …Così Salomone fece ciò che è male agli occhi del Signore e non seguì pienamente il Signore … Il Signore, s’indignò contro Salomone, perché il cuore di lui si era allontanato dal Signore, Dio d’Israele” (1 Re 11:4.6,9).

Detto semplicemente, Salomone ebbe una crisi di fede, ma in che cosa consisteva questa crisi?

“Il re Salomone, oltre alla figlia del faraone, amò molte donne straniere … donne appartenenti ai popoli dei quali il Signore aveva detto ai figli d’Israele: ‘Non andate da loro e non vengano essi da voi, poiché essi certo pervertirebbero il vostro cuore per farvi seguire i loro dei’. A tali donne si unì Salomone nei suoi amori” (1 Re 11:1-2). Dio diede a Salomone il preciso ordine di non sposare donne appartenenti ai Paesi pagani, ma Salomone fece proprio questo e finì per avere 700 mogli e un harem di 300 concubine. Rifiutò di dominare i suoi desideri sessuali.

Mi chiedo quante volte lo Spirito del Signore lo abbia messo in guardia dicendogli: “Tu conosci la Parola di Dio per te. Fermati ora”. Deve essere accaduto ogni volta in cui Salomone accoglieva una nuova moglie. Con il passare del tempo, il re divenne sordo agli avvertimenti del Signore. Disobbedì al comando di Dio, senza provare dispiacere o sensi di colpa. Infine accettò gli idoli e gli dei delle mogli: “(Dio) gli aveva ordinato, a questo proposito, di non andare dietro ad altri dei; ma egli non osservò l’ordine datogli dal Signore” (11:10).

Ogni Cristiano che non abbandoni un peccato abituale svilupperà una sua dottrina per giustificarsi. Ecco come cadde un tale saggio, brillante e umile re. La fede è più che confidare nelle benedizioni e nella protezione di Dio. Fede significa anche credere che Dio giudichi fedelmente ogni disobbedienza volontaria. Sento dire sovente: “Ecco un uomo di incredibile fede. Crede in Dio per le grandi opere”. Eppure quest’uomo non ha una vera fede se non crede che Dio pronunci un equo giudizio per la disobbedienza.    

Alla fine Dio giudica la mancanza di fede di Salomone: “Il Signore disse a Salomone: ‘Poiché tu hai agito in questo modo, e non hai osservato il mio patto e le leggi che ti avevo date, io ti toglierò il regno, e lo darò al tuo servo” (11:11).

Lo stesso giudizio colpisce tutti coloro che oggi sono ingannati da uno “stato d’animo tipo Salomone”. Essi non credono che Dio giudichi il loro peccato, così si abbandonano a piaceri e desideri di ogni tipo. Come Salomone, finiscono per definire bene il male e male il bene e danno vita a teorie che giustificano il loro peccato. Finiscono per trasformare la grazia in dissolutezza.

A differenza di Salomone, Paolo superò la prova nella sua crisi di fede.

Paolo è uno dei servi più sottoposti a prove che sia mai vissuto. Ovunque andasse, doveva affrontare prove e sofferenze. Scrisse: “So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni” (Atti 20:23). Paolo dichiara infatti: “Non so che cosa accadrà domani, ma so che lo Spirito Santo mi guida. È fedele nel prepararmi,  avvisandomi: ‘Le sofferenze ti attendono in ogni città’”.

Attraverso tutto ciò, Paolo mantenne la sua potente testimonianza: “Ma non faccio nessun conto della mia vita, come se mi fosse preziosa, pur di condurre a termine con gioia la mia corsa e il servizio affidatomi dal Signore Gesù, cioè di testimoniare del vangelo della grazia di Dio” (20:24).

Satana continuava a sferrare attacchi, ma Paolo non lasciò mai il ministero che Cristo gli aveva dato. Il diavolo non poteva metterlo in fuga spaventato. Paolo ci incoraggia ad avere il suo stesso atteggiamento: “Sopporta le sofferenze, svolgi il compito di evangelista, adempi fedelmente il tuo servizio” (2 Timoteo 4:5). 

Cari santi, Dio sta cercando questo tipo di testimoni. Vuole una compagnia di gente come Paolo, che testimoni della sua fedeltà, mentre il mondo sta girando senza controllo. In mezzo al caos, questi servi restano fermi nella fede, pronti a rispondere quando la gente chiede: “Che cosa faremo? Dove ci volgeremo?”

La loro continua obbedienza erige una testimonianza potente alla fedeltà del Signore. L’esempio di Paolo grida a un mondo incredulo: “Tu sei fedele, Gesù!” Come Paolo ogni fedele servitore ha questa benedizione che lo attende: “Ho combattuto il  buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede. Ormai mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione” (4:7-8). Possa essere questa la testimonianza  che daremo anche noi: mantenere la fede in questi ultimi tempi.

Amen.